venerdì 5 settembre 2014

Le diossine: gli interferenti endocrini che nascono dalle ceneri (e non solo)

Le diossine appartengono a quella categoria di composti chimici denominati organoclorurati. La loro caratteristica è il forte legame carbonio - cloro, che conferisce a queste molecole una grande persistenza, Una molecola di diossina, immessa nell'ambiente, resiste anche 7-11 anni.

Si parla di diossine, al plurale, in quanto si tratta di una famiglia di 75 congeneri, anche se comunemente, con il termine diossina, ci si riferisce alla 2,3,7,8 tetraclorodibenzo - p - diossina,

La diossina appartiene al grande gruppo degli interferenti endocrini, come dice la parola stessa influiscono sui sistemi ormonali, accelerando, rallentando, o modificando completamente il loro funzionamento, In particolare, dopo il disastro di Seveso, ma anche in seguito ad altri eventi di contaminazione da diossina, si è osservato un aumento del numero di aborti spontanei e nascita di feti malformati, sia negli animali che negli uomini, Inoltre, dal 1997, la diossina è classificata dall'IARC come sostanza cancerogena.

Due sono i processi che portano alla formazione di diossina:

1) Industriale: la diossina si forma come sottoprodotto di una reazione chimica contenente cloro. Questo è il caso della contaminazione avvenuta a Seveso nel 1976.

2) Termico: combustioni incomplete (in cui la sostanza organica non è completamente convertita in CO2), in presenza di cloro (in proporzioni definite, però, non basta la sola presenza) e ad una temperatura compresa tra i 300 e i 450°C.

La diossina, quindi, è essenzialmente, un problema di ARIA.

In verità, una volta immessa nell'atmosfera, la diossina può ricadere sulla terra o per precipitazione secca o per precipitazione umida (ovvero adsorbita alle precipitazioni).

In questo modo, la diossina si deposita sulle piante, sui frutti, sull'erba. E' una sostanza idrofoba e lipofila, ovvero non si scioglie in acqua, ma si scioglie nei tessuti grassi. Questo significa che può accumularsi nei tessuti adiposi degli animali (tra i quali, ricordiamo, ci siamo anche noi). 

Il problema non è grave relativamente ai vegetali. Nel suolo si adsorbe alle particelle di terra e non viene assorbita dalle piante (neanche tramite l'acqua, vista la sua idrofobicità). Le uniche che fanno eccezione sono le cucurbitaceae, perché secernono nel suolo una sostanza in grado di rendere disponibile la diossina per le piante.
Per tutti gli altri vegetali, invece, è buona norma lavare bene frutta e verdura prima di mangiarle e per lavare bene intendiamo proprio LAVARE BENE.

Ma c'è un problema: ok, noi laviamo frutta e verdura...ma chi lava l'erba prima che le mucche, le pecore e gli altri animali da pascolo la mangino? La risposta è NESSUNO.

Gli animali da pascolo assumono, laddove presente, diossina dall'erba che mangiano e tendono ad accumularla nei loro tessuti grassi, quindi adipe e latte materno. 

Come fare per evitare di mangiare alimenti contaminati?

Dai primi anni 2000 il Ministero della Salute ha attuato vari piani (alcuni dei quali tutt'ora in corso) allo scopo di controllare gli allevamenti, i loro mangimi ed i loro prodotti, Alla luce dei risultati ottenuti è stato imposto l'obbligo agli allevatori di effettuare controlli semestrali e di segnalare eventuali non conformità. 
Quindi, quando acquistiamo derivati del latte e carne accertiamoci di conoscerne la provenienza ed evitiamo di affidarci ad allevatori sconosciuti che producono "da sé" bypassando gli obblighi per i produttori.
Evitiamo di prendere troppo peso, un aumento di massa grassa nel nostro corpo aumenta automaticamente la possibilità di accumulare diossina nel tessuto adiposo.
Qualora, invece, ci troviamo già in condizioni di grande sovrappeso o obesità, evitiamo di affidarci alle diete "tutto e subito". Se negli anni notevoli quantità di diossina si sono accumulate nel tessuto adiposo, ma, un po' perché l'esposizione è stata bassa e cronica, un po' perché rimasta "intrappolata", non abbiamo avuto alcun sintomo, un dimagrimento eccessivamente veloce porterebbe alla liberazione nell'organismo di quantità di questa sostanza che risulterebbe tossica.


Bibliografia:
Barbiere M, Umlauf G and Skejo-Andresen H, Campionamento analitico della zona B di Seveso e Comuni limitrofi per la ricerca della 2,3,7,8-TCDD residua (V fase) e accordo aggiuntivo per la zona A. Rapporto finale, maggio 2000
Facchetti S and Balasso A (1986), Studies on the absorption of TCDD by some plant species, Chemosphere 15, 1387-1388
IARC, 1997, Monograph on the Evaluation of the Carcinogenic Risk of Chemicals to Man, Vol. 69, p.33.
Ministero della Salute, Dipartimento della sanità pubblica veterinaria, della sicurezza alimentare e degli organi collegiali per la tutela della salute, Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione, Controllo diossine negli alimenti – Regione Campania: periodo 2001 – 2012, anno 2013.
US EPA., Environmental Protection Agency,1994, Health Assessment documenti for 2,3,7,8 – tetrachlorodibenzo – p – dioxin (TCDD) and related compounds, US Environmental Protection Agency, EPA/600/BP-92/001 a-c).
WHO, World Health Organization, Population health and waste management: scientific data and policy options, Marzo 2007.

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