venerdì 29 agosto 2014

Bioaccumulo, Bioconcentrazione e Biomagnificazione: gli anelli di congiunzione tra i problemi ambientali e le loro ripercussioni sulla salute

Con il termine bioaccumulo si indica quel fenomeno di accumulo irreversibile di una sostanza nei tessuti degli organismi viventi. Esso viene utilizzato, indirettamente, come parametro per la determinazione degli effetti tossici di una sostanza inquinante, dal momento che fornisce una stima più precisa del reale livello di contaminazione degli organismi, rispetto al solo calcolo dell'esposizione.
Il bioaccumulo delle sostanze tossiche può avvenire o direttamente dall'ambiente in cui l'organismo vive o attraverso l'ingestione lungo le catene trofiche oppure in entrambi i modi: nel primo caso il fenomeno viene definito bioconcentrazione, nel secondo caso biomagnificazione.

In entrambi i casi le concentrazioni della sostanza nei tessuti dell'organismo diventano progressivamente  più alte di quelle presenti nell'ambiente da cui è stata assorbita. Il fattore di bioconcentrazione (BCF) viene definito come il rapporto, all'equilibrio, tra la concentrazione di una sostanza tossica nell'organismo e quella del mezzo circostante (per gli organismi acquatici il mezzo circostante è l'acqua, per gli organismi terrestri  corrisponde al cibo di cui si nutrono). Naturalmente tale fattore varia, oltre che da sostanza a sostanza, anche da specie a specie. 

Valori di BCF maggiori di 1000, misurati nei pesci, suggeriscono che la bioconcentrazione negli organismi acquatici è molto elevata (dati HSDB, Hazardous Substances Data Bank).

Bisogna sottolineare che elevati livelli di bioaccumulo sono responsabili del fenomeno di "amplificazione", che porta quantità e concentrazioni nei comparti ambientali dai livelli di traccia a livelli tali da risultare potenzialmente preoccupanti.







Bibliografia:
Baird C, Chimica ambientale, 1997, ed. Zanichelli
Travis C., Arms A.D., Bioconcentration of organic in beef, milk and vegetation, Environ., Sci., Technol., 22, 271 - 274

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